giovedì 12 marzo 2009

Il futuro delle telecomunicazioni

Per il mio lavoro mi capita spesso di leggere report e studi vari, per di cercare di capire quale potrebbe essere il futuro del mercato delle telecomunicazioni; voglio allora mettere “nero su bianco” alcune riflessioni.

La situazione del mercato

Un dato di fatto innegabile è che, negli ultimi anni, nei paesi sviluppati (Europa in testa) la crescita del mercato delle telecomunicazioni si è notevolmente ridotta, se non del tutto arrestata. Il settore delle telecomunicazioni fisse è da tempo stagnante, nonostante la diffusione della banda larga, mentre quello mobile, per anni traino dell’intero mercato, sta sempre più rallentando.

I Service Provider tradizionali, come Telecom Italia, stanno quindi assistendo ad una considerevole riduzione dei ricavi e ad un’ancora maggiore riduzione dei margini provenienti dalla “voce”, sia fissa che mobile, a causa di alcuni fattori concomitanti: ad esempio la cessazione di linee fisse (sostituzione fisso - mobile), la diffusione del VoIP e di metodi di comunicazione alternativi alla “telefonata” (specialmente tra i giovani) come instant messaging e chat, la crescente competizione, l’azione degli enti regolatori (taglio delle tariffe di roaming e di terminazione), la saturazione del mercato.

In pratica, se per il settore mobile i ricavi totali stanno ancora aumentando grazie ai “servizi a valore aggiunto” (ma la crescita sta rallentando anno su anno), per i servizi voce sia mobili sia fissi l’ARPU (i ricavi medi per utente) e l’AMPU (i margini) stanno calando.

Il comportamento dei giovani

Un’altra preoccupazione per gli operatori telefonici tradizionali viene dai clienti giovani, che abitualmente sono i primi ad adottare le nuove tecnologie e che stanno mostrando abitudini molto differenziate relativamente alle telecomunicazioni: tendono, infatti, ad utilizzare sistemi di messaggistica (IM, SMS, ecc.) per comunicare con gli amici, mentre usano il telefono (mobile e, più raramente, fisso) quasi esclusivamente per chiamare i genitori e i familiari.

I giovani, inoltre, mostrano molti altri comportamenti diversi rispetto ai clienti “maturi” in relazione alle tecnologie di telecomunicazione e alle applicazioni utilizzate: ad esempio, mostrano una “fedeltà al marchio” molto limitata, usano applicazioni peer - to - peer, spingono per il “Personal Broadband” (utilizzo dei servizi Internet quando e dove vogliono su terminali personali), sono utenti fedeli e appassionati di siti di “social networking”.

I service provider devono considerare attentamente queste tendenze perché, mano a mano che questi giovani (la “generazione Internet”) crescono e diventano la principale base di utenti dei servizi di telecomunicazione, sono propensi a conservare le loro abitudini e i loro comportamenti.

La “rivoluzione Internet”

In sostanza, quello che sta plasmando le abitudini e le tendenze degli utenti dei servizi di comunicazione è la cosiddetta “Internet revolution”: l’esistenza di una rete globale che potenzialmente può interconnettere ogni persona (e/o oggetto) nel mondo, la disponibilità di applicazioni e contenuti multimediali di tutti i tipi e spesso gratuiti, la possibilità per l’utente di produrre applicazioni e ogni sorta di “creazione digitale” (musica, video, immagini, ecc.) e di renderli disponibili per un pubblico virtualmente illimitato.

Questa rivoluzione è continuamente alimentata dagli impressionanti progressi tecnologici degli ultimi anni relativamente ai processori, alle memorie e ai dischi, alla banda larga, al wireless (es. WiFi/WiMax, UMTS, ecc.), al software. Ormai non solo è possibile per ognuno avere un dispositivo capace di ricevere, creare, modificare e trasmettere enormi quantità di informazioni digitali, ma potrebbe anche essere possibile diffondere capacità computazionali e di memorizzazione all’interno di praticamente tutti gli oggetti che usiamo nella nostra vita; e, con una connessione permanente ad Internet, le persone e gli oggetti potrebbero costantemente comunicare e condividere informazioni di ogni tipo.

Il fenomeno Internet ha anche un impatto notevole sull’evoluzione a lungo termine delle reti. Tradizionalmente, le telecomunicazioni sono sempre state basate su terminali “stupidi” (es. i telefoni di casa) che fanno affidamento sull’intelligenza della rete per fornire i servizi ai clienti; da parte sua, invece, Internet è una rete “stupida”, nel senso che non ha coscienza delle applicazioni e dei servizi trasportati: il suo compito è di consegnare i pacchetti di dati in maniera efficiente da una sorgente ad una destinazione. L’intelligenza è nei terminali (vale a dire nelle sofisticate applicazioni software in esecuzione al loro interno), che sono gli unici che conoscono cosa significano i bit che ricevono e trasmettono.

I nuovi service provider

Gli operatori stanno già subendo alcune conseguenze di questa rivoluzione, che si riflette nei risultati economici negativi descritti in precedenza. Il fatto che le applicazioni siano disaccoppiate dalla rete significa che qualunque “terza parte” può creare applicazioni e servizi e fornirli ai clienti (diventando così un “service provider”), anche se non ha nessun controllo della rete. Negli ultimi anni molti di questi service provider (gli “over the top”) stanno avendo un sempre maggior successo, in particolare tra gli utenti più giovani, e alcuni di questi hanno creato servizi e modelli di business del tutto nuovi. Aziende come Google, Skype, Yahoo!, YouTube, Facebook sono i nomi più importanti, ma chiunque può creare e proporre nuovi servizi e contenuti, non solo i service provider; alcuni dei servizi di maggior successo, come MySpace, Facebook o Flickr (senza dimenticare tutti i blog, come questo!), si basano proprio sul concetto di “contenuti generati dall’utente” (user-generated content), facilitando l’aggregazione degli utenti e la condivisione di foto, video, ecc.

Allo stesso tempo, gli sviluppatori di applicazioni che lavorano su Internet hanno la possibilità di creare e immettere sul mercato applicazioni di nicchia in un modo efficiente e remunerativo, soddisfacendo i bisogni della “coda lunga” (come descritto da Chris Anderson nel suo articolo e nel libro omonimo).

In altre parole, quello che gli utenti Internet chiedono prima di tutto agli operatori tradizionali è un accesso ad Internet veloce, economico e disponibile dovunque ne abbiano bisogno, ma vogliono avere la possibilità di fruire i servizi desiderati da qualunque fornitore esistente: gli approcci verticali o “walled garden” (in cui gli utenti sono obbligati a fruire dei servizi e dei contenuti forniti dall’access provider o da partner da questo scelti) non sono più in sintonia con le abitudini e i desideri dei clienti.

I servizi richiesti dalla “generazione Internet” consistono per lo più in un gran numero di piccole applicazioni di nicchia altamente personalizzate: per un service provider tradizionale in problema non è tanto concepire o creare questi servizi innovativi, ma metterli sul mercato e venderli in modo remunerativo usando le sue leve abituali (forze vendita per i clienti business, pubblicità e canali di distribuzione per i residenziali, ecc.). Le telecom sono abituate, infatti, a vendere un insieme di servizi relativamente piccolo ad un’ampia base di clienti, e in questo modo hanno la possibilità di sostenere tutti i costi relativi al marketing e alle vendite di tali servizi.

D’altro canto, gli “over the top” non solo hanno la capacità di creare servizi innovativi, ma possono anche proporli ad un mercato globale e diffonderli sfruttando tecniche di “marketing virale” servendosi delle “social network” esistenti. In questo modo possono riversare sul mercato un gran numero di servizi in modo efficace (in termini di “time to market”, costi e target di mercato raggiungibile), anche indirizzando un gruppo di utenti relativamente piccolo.

Cosa può fare un operatore tradizionale?

Queste tendenze stanno perciò producendo una trasformazione nel mercato delle telecomunicazioni, per cui le telecom rischiano di ridursi a fornitori di puro accesso e trasporto IP, distinti dai fornitori di servizi.

In questo fosco scenario, da alcuni chiamato “Teleapocalisse”, gli operatori tradizionali (fissi e mobili) si trasformerebbero in aziende tipo “utility” e non avrebbero la forza di investire nell’innovazione della rete e dei servizi. Il mercato vedrebbe la sopravvivenza solo di un numero limitato di operatori, eventualmente sovvenzionati dallo stato. Gli enti regolatori obbligherebbero l’applicazione di politiche di “accesso al costo” e di “net neutrality” che faciliterebbero la competizione da parte dei fornitori di servizi.

Se queste previsioni si avverassero, le telecom non potrebbero far altro che:

  • focalizzarsi sulla qualità e la soddisfazione dei clienti, cercando di mantenere la quota di mercato sui servizi voce e di accesso broadband

  • razionalizzare e ottimizzare la rete tradizionale per ridurre i costi e aumentare così i margini
Come detto, in questo contesto i piccoli operatori sarebbero fuori dal mercato, e si assisterebbe ad acquisizioni e fusioni tra provider, con il rischio per gli operatori europei di essere bersaglio di scalate da parte dei più ricchi carrier nord americani o asiatici. In questo scenario, gli investimenti in innovazione di rete sarebbero estremamente limitati se non del tutto assenti, e quindi non sarebbe difficile una realizzazione piena della “rivoluzione Internet” così come precedentemente descritta.

Questo è ovviamente lo scenario più negativo e pessimistico; c’è, infatti, ancora la possibilità di un cambiamento di rotta verso un futuro più favorevole per gli operatori europei. Questo nuovo scenario necessita di azioni concrete e incisive da parte sia dell’Unione Europea sia dei singoli enti regolatori per permettere massicci investimenti da parte degli operatori per la realizzazione di nuove infrastrutture di rete: accessi ultra-broadband (FTTx), broadband wireless (femtocelle, WiMax, LTE), evoluzione del service layer (NGN/IMS).

Per quanto riguarda in particolare l’innovazione della rete attraverso un’architettura IMS (IP Multimedia Subsystem), è da notare che questa non solo potrebbe permettere all’operatore di introdurre servizi innovativi in maniera flessibile, rapida ed economica (per competere con gli altri service provider), ma abiliterebbe anche nuovi modelli di business. Ad esempio l’operatore potrebbe, attraverso la cosiddetta “Service Exposure”, offrire servizi “base” (controllo della sessione, registrazione/identificazione degli utenti, stato di presence, …) ad altri service provider che li utilizzerebbero per creare servizi e applicazioni (concetto di “mashup”) da rivendere sul mercato.

Quale scenario diventerà realtà? Forse nessuno dei due, anche se, vedendo il continuo posticipare degli investimenti da parte di molti operatori europei (e questa “impasse” è aggravata dalla crisi economica e finanziaria), la strada sembra portare verso l’Apocalisse…

[per approfondire queste tematiche, vi consiglio, oltre agli scritti di Chris Anderson, il report “Telecoms in Europe 2015” di IDATE e l’articolo di Alfonso Fuggetta “The Net is Flat”, tutti disponibili sulla rete]

giovedì 13 novembre 2008

Internet e le microonde

No, non intendo scrivere di innovativi sistemi di accesso “wireless” alla rete… voglio solo raccontare un episodio che mi è appena accaduto, e che mi ha portato a qualche riflessione sulla facilità di trovare (specialmente su Internet) notizie del tutto infondate spacciate per vere, da cui si traggono convinzioni del tutto errate.

Qualche giorno fa mia moglie è tornata a casa uno pseudo-giornale che gli avevano venduto (per ben 3 euro!) in un supermercato "biologico"; questa pubblicazione tratta diversi argomenti, dagli OGM all’agricoltura biologica, fino ai rimedi naturali per i malanni di stagione.

Ma quello che ha colpito la nostra attenzione è stato un articolo intitolato “I forni a microonde sono pericolosi per la salute”. Io non sono un medico, un chimico o tantomeno un biologo, ma già ad una prima lettura mi è sembrato un insieme di inverosimili idiozie; ma, principalmente per convincere mia moglie e portarle qualche prova concreta, mi sono deciso a fare qualche indagine su Internet.

Con una semplice ricerca sui siti italiani sull’eventuale dannosità dei forni a microonde, a parte ovvi discorsi sulla pericolosità intrinseca delle microonde stesse (ma i forni attuali sono sicurissimi, se non vengono danneggiati), l’unico articolo che si trova è lo stesso presente sulla rivista, a volte con qualche variante (anche molto estesa) o aggiunta. E lo si ritrova ripetuto centinaia di volte, principalmente in blog, siti di medicina alternativa o simili. Il fatto che sia l’unico risultato che si trova è sospetto, ma non è una prova che sia un’idiozia. Per completezza, ecco il link ad uno dei tanti siti che riportano l’articolo:

http://www.laleva.cc/ambiente/microonde.html

A fatica si trovano un paio di siti italiani che cercano di controbattere in modo razionale e argomentato ai discorsi presenti nell’articolo. Neanche il sito del mitico Paolo Attivissimo si è (ancora?) occupato della questione. Un paio di pezzi interessanti si possono leggere su:

http://ulisse.sissa.it/chiediAUlisse/domanda/2004/Ucau040313d002

http://allarovescia.blogspot.com/2008/04/forno-micro-onde.html

Estendendo la ricerca ai siti in lingua inglese, invece, si riescono a trovare molti più articoli che demoliscono la tesi sulla pericolosità dei forni a microonde. Mi è piaciuto molto l’articolo sulla rivista Skeptic che potete trovare qui, e anche il pezzo che potete leggere qui.

Ma, a parte il fatto che mi sono ancor più convinto che la cottura al microonde è più salutare di ogni altro metodo, a cosa mi è servita questa esperienza?

Sostanzialmente a riflettere su alcune questioni:

  • Su quanto siamo “creduloni” e ci facciamo impressionare da quello che leggiamo: basta che un articolo sia scritto (non importa dove) e infarcito con termini scientifici, riferimenti a eventi più o meno vaghi e “prove” di esperimenti, che a noi pare vero. Se poi l’articolo in questione si scaglia contro la tecnologia accusandola di ogni male… allora deve per forza essere vero!
  • Su quale sia il potere in mano a chi fa informazione, e quanto sia più facile fare il “copia e incolla” da Internet di una “notizia” piuttosto che verificare le fonti e cercare di appurarne la veridicità. E dire che ci vuole così poco per effettuare qualche ricerca…
  • Su quanto sia facile su Internet costruirsi una reputazione del tutto falsa, che quindi può dare credibilità alle proprie affermazioni: ad esempio, il “protagonista” indiscusso dell’articolo incriminato è un sedicente dottor Hans-Urich (o Ulrich) Hertel, che sembra essere un serissimo scienziato perseguitato dal mondo intero, in particolare dal governo svizzero che ha fatto di tutto per metterlo a tacere e nascondere i risultati delle sue ricerche. In realtà si tratta di un agronomo svizzero, fondatore di un’organizzazione chiamata “World Foundation for Natural Science” (vi consiglio il sito per farvi quattro risate) e condannato dalla giustizia svizzera per razzismo e anti-semitismo (“Skeptic” riporta che una sua frase sul popolo ebraico sarebbe: “they have no right to exist”… e ho detto tutto). Ma, più che altro, le sue ricerche sono prive di una qualsiasi validità scientifica e i risultati sono del tutto opinabili (tanto che il professor Blanc, co-autore dell’esperimento sui forni a microonde, ha preso le distanze dalle conclusioni tratte da Hertel che furono pubblicate senza il suo consenso).

Insomma, attenzione a quello che leggiamo (specialmente su Internet, ma non solo), se possibile verifichiamole prima di diffonderle... e forza col forno a microonde!

venerdì 29 agosto 2008

12 agosto: sulla cima del Monte Vettore

Come mi accade da qualche anno a questa parte, anche questa estate ho passato parte delle mie (sudate) ferie a Castel Sant’Angelo sul Nera, paese situato all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Ne ho approfittato per effettuare qualche giro in mountain bike e alcune escursioni, due delle quali in gruppo, accompagnato da una guida ufficiale del parco.

La prima di queste due escursioni è stata la “conquista” della cima del Monte Vettore (il più alto dei Sibillini) a partire da Colle di Montegallo, che ho effettuato il 12 agosto; la descrizione che potete trovare sul sito delle guide è: “[…] in vetta alla montagna più alta dei Monti Sibillini seguendo un itinerario coinvolgente e segreto, attraversando un versante unico per imponenza, riconoscibile da tutte le Marche”… bello, no? La nostra guida si chiama Fabio, molto bravo, preparato e estremamente simpatico.

Qui accanto potete vedere l’itinerario percorso; è stato veramente un bel giro, siamo partiti alle 8.30 da Colle di Montegallo (1), a quota 1.030, dove siamo tornati poco prima delle 18.00: quasi 8 ore di cammino, escludendo le soste, per un dislivello totale di 1.455 metri (come riporta il mio fedele altimetro).

Il primo tratto, abbastanza agevole, ci porta prima alla chiesa di Santa Maria in Pantano (dove ci fermeremo al ritorno per fare qualche foto) e poi, verso le 9.45, ad una fonte (2), intorno a quota 1.500; qui beviamo abbondantemente (comincia a fare caldo), senza dimenticare di riempire le borracce, visto che è l’ultima sorgente d’acqua che incontreremo nella nostra salita.

Dalla fonte inizia l’ascensione, che si fa via via sempre più ripida, e che ci permette di raggiungere con lo sguardo porzioni sempre maggiori delle Marche (e non solo) verso est: i Monti della Laga, Ascoli, il massiccio del Gran Sasso, fino al Conero e al mare Adriatico! Durante la salita abbiamo anche la fortuna di vedere un’aquila reale sopra di noi, che compie ampi giri, con intorno alcuni gheppi che provano inutilmente a cacciarla dal loro territorio… Che spettacolo!

Camminiamo seguendo la costa della montagna fino a (3), dove con un ampio “zig-zag” saliamo sulla cresta (circa m. 2.300). Da qui il cammino è abbastanza agevole fino alla cima del Monte Vettore (4) (circa m. 2.470), dove arriviamo un po’ prima delle 13.00.

Foto di rito, pranzo al sacco (e, nel mio caso, mangio veramente “un sacco”…), completato da un caffè (corretto al Varnelli) preparato dalla nostra guida, attrezzata con fornello a gas e caffettiera: un bel “valore aggiunto” ad un’escursione già bella di suo.

Intorno alle 14 ripartiamo, ma non torniamo indietro sulla strada dell’andata: prendiamo un sentiero (poco segnato) che prosegue in cresta, passando tra le altre per la cima del Monte Torrone (5). Finita la parte in cresta, poco dopo le 16.00, intorno a quota 1.950, tagliamo per un pratone che ci fa perdere quota molto rapidamente, e andiamo a riprendere il sentiero segnato (6). Intorno alle 16.45 siamo nuovamente alla fontana dove beviamo avidamente (che caldo!); da qui, verso le 17.30 arriviamo alla chiesa di Santa Maria in Pantano (intorno ai 1.200 metri).

Qualche foto di rito alla chiesa (risalente al IX secolo, ma restaurata più volte, e attualmente chiusa) e poi meno di mezz’ora per arrivare a Colle di Montegallo, dove tutti abbiamo lasciato l’auto.

Insomma: una giornata di sole splendente, una gita estremamente panoramica ed appagante (impreziosita dall’avvistamento dell’aquila), una compagnia piacevole e divertente (Fabio in primis)… cosa chiedere di più?

venerdì 25 luglio 2008

Calcetto 24 luglio

Sono contento della partita di ieri, così la stagione si è chiusa con un bell’incontro, addirittura in 5 contro 5. Come ho detto ai presenti di ieri sera, infatti, le nostre attività calcistiche riprenderanno a settembre, dopo le ferie estive. Con l’augurio che la nuova stagione sia meno travagliata di quella appena conclusa, visto che quest’anno abbiamo giocato solo 5-6 volte…

Clima ideale per giocare, ieri sera, con una temperatura calda ma non troppo, e con poca umidità; campo di (quasi) nuova generazione, e squadre così schierate:

Squadra A: Valerio, StefanoLV, Sebastiano, Franco, SergioG

Squadra B: SergioB, FabrizioT, Ugo, Pietro, io

Il grande ritorno di Fabrizio dopo mesi (ma che dico mesi: anni!) di assenza, e un paio di esordi assoluti (Seba e Pietro) vanno a completare quello che sembra essere un “nocciolo duro” di fedeli partecipanti.

La partita è molto equilibrata, per più di mezz’ora si rimane inchiodati sullo 0 a 0. È la squadra B ad andare vicina al gol in più occasioni, ma la rete non arriva, vuoi per imprecisione, vuoi per bravura degli avversari, vuoi per sfortuna (2 pali).

Come sempre succede in questi casi, alla fine è la squadra A a segnare; a questo punto, un po’ per la demoralizzazione, ma principalmente per la mancanza di una condizione atletica accettabile, la squadra B va un po’ nel pallone (e, anche se si gioca a calcetto, la cosa non è positiva…). Gli attacchi sono frenetici e poco organizzati, si va in avanti ma non si torna a difendere, i tiri effettuati risentono della mancanza di lucidità… insomma, “PIM, PUM, PAM!” la squadra A ne fa altri 3, e tutti a casa (anzi, negli spogliatoi) con un bel 4 a 0.

Io che ho giocato nella squadra B direi che il risultato è un po’ bugiardo e non rispecchia i valori in campo ma, visto che non ci giochiamo niente (se non l’onore), va bene così!Appuntamento a settembre e mi raccomando: non trascuriamo la preparazione atletica, tutti in ritiro in montagna in modo da essere pronti per la nuova stagione!

A presto!

mercoledì 9 luglio 2008

Calcetto 8 luglio

Dopo quasi un mese di assenza, eccoci nuovamente in campo all’Oasi Club; la serata è calda ma non troppo, il campo è in buone condizioni, il pallone è “a rimbalzo controllato” (vale a dire abbastanza sgonfio e non così semplice da trattare)… ma non sarà questa la cosa peggiore: il brutto della serata è che si è giocato in nove!

Per questo motivo, nonostante abbia giocato nella squadra da 5, non mi sono divertito molto: ho corso poco e male, e giocato peggio, anche se alla fine ho segnato 2 dei 7 gol della mia squadra. Non c’è niente da fare, quando siamo in 9 non riesco proprio ad “entrare in partita”, specialmente se gioco in superiorità numerica; e questa stessa impressione l’ho raccolta anche da altri partecipanti e l’ho percepita in campo, dove mi è sembrato che il livello di cazzeggio e di chiacchiera fosse ben superiore alla media.

Da segnalare che, di 9 partecipanti, solo uno (Sergio B) era “esterno” ad Italtel: segno di un grande rinnovamento della composizione dei partecipanti, visto che, quando è nato questo appuntamento sportivo, di Italtel c’eravamo solo io e Sergio (G). E anche sintomo del fatto che ormai dei partecipanti “storici”, anche dei più affezionati, ormai rimangono solo lievi tracce.

Inizialmente ci siamo schierati in questo modo:

Squadra A: Sergio B, Claudio S, Sergio G, Francesco S, Io

Squadra B: Franco, Alessandro C, Francesco O, Valerio

La Squadra A, in superiorità numerica, è ovviamente riuscita a controllare (abbastanza) agevolmente l’avversario ed è sempre stata in vantaggio, prima sul 4-1, poi sul 5-2, infine sul 6-3.

A questo punto (a 15 minuti dalla fine dell’ora) abbiamo avuto la bella idea di invitare uno “straniero” che stava correndo da solo sul campo accanto al nostro; in condizioni di parità numerica, la Squadra B è arrivata fino al 6 pari, subendo però il gol del 7-6 per la Squadra A subito prima della dipartita dello straniero che ha raggiunto i suoi amici, nel frattempo arrivati e pronti ad iniziare la loro partita.

Nuovamente in superiorità numerica e in vantaggio, però, la Squadra A non è riuscita ad evitare il pareggio della Squadra B, giunto pochi istanti prima della fine della partita. Alla fine un pareggio tutto sommato giusto.

Alla prossima partita!