A questo punto non mi resta che “googlare” queste due parole e… BAM!, mi si apre un mondo! Sono arrivato ad apprendere alcuni interessanti concetti, che mi fa piacere condividere qui con voi.
Il concetto espresso è tutto sommato semplice: grazie alle nuove tecnologie e alla diffusione di Internet, i consumatori possono acquisire contenuti (musica, film, libri, ecc.) in nuovi formati (es. file mp3) e/o attraverso nuovi canali di distribuzione (es. Amazon, iTunes, eBay, ecc.). Questo comporta che adesso viviamo nel “mondo dell’abbondanza”, perché non siamo più limitati nella scelta di cosa vogliamo leggere, ascoltare o vedere. Su Internet possiamo trovare qualunque libro sia mai stato stampato, con una scelta enormemente maggiore di qualunque libreria; e lo stesso si può dire per i CD, DVD, stazioni radio, ecc.
È stato questo che ha portato (o quanto meno ha contribuito) all’instaurarsi della “tirannia” del blockbuster: solo i successi commerciali danno la garanzia di poter ripagare i costi sostenuti per la loro commercializzazione. Quindi la presenza esclusiva di programmi “popolari” in televisione, o di best-seller nelle librerie, o di blockbuster al cinema deriva (ovviamente) da questioni economiche che sono però causate dalle limitazioni sopra descritte: i gusti popolari che vediamo imperversare in tutte le forme di intrattenimento sono la risposta del mercato alla mancanza di “spazio” fisico. Nel mondo “tradizionale” non è possibile distribuire qualunque contenuto a chiunque.
Prendiamo come esempio un servizio di distribuzione di musica on-line (come iTunes), che rende disponibile ai propri utenti centinaia di migliaia di canzoni. E se è sempre vero che la maggior parte delle vendite è nelle “top 10.000” (le stesse che si potrebbero trovare in un negozio di dischi ben fornito), le altre vendono lo stesso: magari molto meno, forse una canzone viene venduta solo un paio di volte al mese, ma (visto che si tratta di centinaia di migliaia di titoli) la somma totale dei ricavi su queste canzoni è molto elevato. E si tratta di ricavi ai quali un negozio tradizionale non può puntare, perché non dispone di quei titoli, in quanto venderebbero troppo poco per poter essere profittevoli. Per iTunes il problema non si pone, in quanto il servizio è puramente digitale, quindi senza costi di “magazzino” e pochissimi costi di distribuzione: per iTunes ogni canzone, anche quella che non può essere considerata un “hit” (perché vende poche copie), è sempre un successo, perché garantisce gli stessi margini delle altre. E ci sono molti più “non hit” rispetto agli “hit”.
Un’altra implicazione interessante è che questi dati mostrano come i gusti delle persone siano effettivamente molto più variegati di quanto si possa pensare, e che l’appiattimento culturale a cui assistiamo è realmente causato da una mancanza di alternative e di possibilità di scelta. Su iTunes praticamente ogni canzone del suo catalogo quasi infinito ha un pubblico…
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